La provocazione di questo festival sulla menzogna della letteratura la leggo come una dichiarazione forte e chiara a favore della verità, delle verità. Perché una delle cose che fa la letteratura – appunto quella di sfidare l’idea che ci sia, che ci possa essere una sola verità. In questo senso, l’ammissione che la letteratura menta è anche una provocazione all’indirizzo di un’idea monolitica, univoca della verità, che non può che essere falza. La “menzogna” della letteratura dichiara senza mezzi termini che la sua verità sarà inevitabilmente una delle tante verità possibili, e in questo senso, una verità molto parziale, una mezza verità, appunto una menzogna.
La letteratura intesa così, come portatrice di una verità possibile fra molte altre, ci libera dalla missione impossibile di trovare la verità. Ci induce, invece, a cercarla, ad esplorare i suoi contorni possibili. La letteratura affossa l’idea che ci si possa essere un’interpretazione unica di ciò che accade dentro e fuori di noi. Questo rende possibile una libertà di esplorare, di tentare di capire; ci libera dalla frustrazione di non aver trovato la sola chiave di lettura, sia come scrittrici e scrittori che come lettrici e lettori.
La letteratura mente quando rifiuta di dare le risposte “giuste,” quando si ostina a smontare le certezze. Ci da, quando leggiamo, la grande libertà di lasciarci trovare le nostre strade da soli. Quando scriviamo, la letteratura menzognera, per continuare ad usare questo termine di provocazione, ci libera dal peso ingombrante di capire tutto, di spiegare tutto.
Questo modo di scrivere e leggere la letteratura – anche un atto democratico, perché la letteratura diventa una proprietà degli individui, di chi la usa. E la verità della letteratura si vede com’è, una verità che sta dentro al testo, una verità che deve fare i conti con il testo, il testo che deve fare i conti con la sua verità come la vive la lettrice o il lettore.
È chiaro che la letteratura si occupa spesso di menzogne e verità, e vuole raccontare la sua verità che potrebbe essere vista come una menzogna perché nega le verità diffuse dai mezzi di comunicazione di massa, dagli steriotipi e i luoghi comuni, dalla “saggezza popolare” o degli opinionisti che riescano a spiegare tutto. La letteratura spesso mette nel suo mirino queste falsità e si scaglia contro di loro con ironia, con testimonianze e storie individui, con sarcasmo o magari con ferocia. Ma la verità della letteratura è quella dentro a se stessa, al mondo parallelo che crea, e per questo sembra obiettivamente, una menzogna che ha l’ardore di presentare se stessa come verità.
Bruno Morchio ha parlato del Potere della verità, o meglio, del potere sulla verità. Chi decide quale sia la verità? La letteratura ci dice di sfidarci di chi promette la verità, perché ci instiga a costruirci le nostre verità sempre in movimento, sempre attive. È questa la provocazione della letteratura, credo, e di questo festival di Lucera: di sbarazzarci delle verità fisse costituite per noi dagli altri. Ma la letteratura costruisce le sue verità che sono legate al mondo parallelo, alternativo che crea, che ci aiuta a costruire da noi. Questo senza che la letteratura diventi un potere che tenta di dominarci, di intossicarci con false certezze, perché le certezze sono forse tutte false. Tutte menzogne.
Adrian Grima
Festival della letteratura mediterranea di Lucera, 21-25 settembre 2011
Le Foglie d’Acanto, Lucera, 24-25 settembre 2011